Archivio per gennaio, 2018

– § – FRANCHISOR AVVISATO (DALLA CASSAZIONE), MEZZO SALVATO (DALLA CESSAZIONE) – § –

La Corte di Cassazione passa al secondo avviso in materia di “riduzione del rischio di impresa” nel #franchising

Con l’Ordinanza n.30671 del 21 dicembre 2017, la Corte di Cassazione torna ancora a pronunciarsi in materia di causa del contratto e conferma quanto già affermato con l’Ordinanza n.647/2007 e specifica espressamente che

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Continua ad essere oggetto di dibattito e anche di provvedimenti giurisprudenziali, ovvio, per una situazione nella quale un soggetto “investe” e l’altro dovrebbe aver già “investito”, c’è “l’economia” nel mezzo, ma sembra non interessare

PREMESSA
Per questo argomento, non posso evitare di prendere in considerazione un importante elemento e cioè l’eliminazione (in sede di conversione) della lettera g), dall’art.4 della Legge 129/04 (Obblighi affiliante 30gg prima della firma) ove era riportato:

g) un’ipotesi di bilancio previsionale fondata, se possibile, su esperienze di affiliati in posizione analoga; tale ipotesi non costituisce, in alcun modo, garanzia o promessa di risultato, ferme restando le tutele civili e penali per l’affiliato quando l’ipotesi stessa risulti elaborata con dolo o colpa grave”.

Come detto, si tratta di una disposizione normativa che non ha mai visto luce e le motivazioni addotte a tale rimozione sono state diverse tra le quali spicca la volontà di importanti franchisor.
Indubbiamente il primo elemento valutativo su cui basarsi per “decidere” se aderire a una rete, è dato dalla reale, concreta e tangibile presenza di trasparenza e di chiarezza, sinonimi di correttezza, da parte dello stesso affiliante, caratteristiche che dovrebbero costituire le basi (fondamentali) affinché un affiliato possa veramente avvicinarsi a un approfondimento e una analisi del franchising scelto. E questo passa necessariamente dalla predisposizione di un completo ed esauriente piano economico-finanziario. È pur vero che la nuova legge non ritiene necessario tale elemento, ma è vero anche che quando si procede a un’affiliazione è importante dare un valore a ciò che “si compra” (termine esatto), cioè ciò a cui ci si affilia “sborsando del denaro”. Nel complesso delle attività di “valutazione” rientra, senza ombra di dubbio, la valutazione economico-finanziaria basata sul relativo “piano aziendale” o “business plan” (quantomeno numerico). Al di fuori del contesto normativo, nella pratica, ci si pone spesso la domanda se il franchisor debba o non debba fornire un bilancio preventivo al potenziale affiliato o se quest’ultimo possa o non possa richiedere tale documento all’affiliante. Forse sarebbe il caso di modificare il punto di vista ed elaborare un ragionamento diverso: “È opportuno e utile predisporre un bilancio preventivo per il potenziale affiliato?”, dal punto di vista dell’affiliante, e “È opportuno ed utile chiedere un bilancio preventivo all’affiliante?”, dal punto di vista dell’affiliato.
La risposta che posso dare all’argomento in analisi è che predisporre un’ipotesi di redditività non è “imposto” legalmente ma è certamente opportuno. Quindi, ciò che occorre aver ben chiaro è:

mettere nero su bianco una ipotesi di redditività, non è richiesto legalmente e, pertanto, è un comportamento legalmente corretto quello assunto dal franchisor che non predispone tale tipologia di documento…però…

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SONO STATO PRESENTATO COSI’ (ma non mi sento così): “…uno dei massimi esperti italiani in tema di contratti etici per i franchising (e legali), che con i suoi articoli ha spesso messo in luce molte delle ombre del settore. Il suo è un punto di vista oggettivo e duro, ma è proprio la sua capacità di farci riflettere che dovrebbe dargli ancora più valore“.

RINGRAZIO Silvia Signoretti, consulente di marketing strategico specializzata nelle strategie per franchising, reti di negozi, multishop o multistore, catene, network, per aver chiesto la mia opinione sul “come guardare e valutare il franchising nel 2018, con quali prospettive, in quali scenari, verso quali sfide”. La ringrazio per avermi presentato con la frase in apertura, un attribuzione di meriti che non mi sento addosso semplicemente perchè ritengo che “provare a fare bene il proprio lavoro non generi persone esperte, ma solamente persone che provano a far bene il proprio lavoro” (e, spesso, non ci si rieasce neanche). Ho accolto volentieri la richiesta di esprimermi e ho espresso la mia idea che, ovviamente, non è che solo una parte dell’intero pensiero sul tema, anzi, sui tanti sottotemi che il principale si porta dietro.

Un articolo molto “articolato” (world game) e ben strutturato per un argomento molto vasto e, soprattutto, molto “opinabile”, anzi, direi fortemente soggetto ad essere analizzato, affrontato ed esposto sulla base di “scopi personali e altamente soggettivi” (con questo ho detto tutto).

Ovviamente, ospito l’articolo e ne consiglio la lettura (segue la mia dichiarazione).

Franchising 2018: trend, prospettive, sfide per il nuovo anno” di Silvia Signoretti

Occorrerebbe dividere il tema in due parti:

1. sfide di e sul mercato per ogni franchisor;

2. sfide per il franchising, come settore.

Se il n.1 non è tema di mia specifica competenza, per il n.2 occorre accettare e ben metabolizzare che non esiste una “sfida” o più “sfide” per il 2018. Il franchising non ha ancora affrontato, o meglio, quanto eventualmente e solo per ipotesi è stato fatto, è assolutamente inefficace. La reale sfida che doveva vincere, quella prettamente tecnico-legislativa non è vinta per niente, nonostante si voglia ancora negare questo aspetto. Ho da poco scritto sul mio blog “Il gattopardo in franchising”. Il senso è quello che riporto sinteticamente in quell’articolo.

Il franchising non ha mai trovato il modo di tenere lontani operatori poco professionali.

Non ha mai trovato il modo di non far partecipare a eventi pubblici per “vendersi” (perché questo è l’esatto termine tecnico, in Usa si dice “to buy a franchise” e in Francia “achat une franchise”).

Chi non ha una corretta impostazione del proprio sistema di franchising, che non ha sperimentato veramente la propria formula commerciale (come dice la normativa), che non significa “un punto pilota” o “per un anno” continua a esprimersi con obrobri economici: sono eresie aziendali, sono giustificazioni e motivazioni addotte semplicemente per creare “movimento” di indici di natalità e di mortalità. Tanti altri sono gli aspetti che ancora hanno grandi criticità e non hanno importanza i dati di “tenuta” del settore nel periodo di crisi, anche perché la lettura e l’interpretazione di tali dati può essere alquanto soggettiva, nonostante il palese negazionismo che ci arriva con tutta serenità. Forse la migliore conclusione è che al franchising non piace sentirsi dire tutti i tanti difetti che ancora sono stati lasciati addosso al settore e che qualcuno tende a nascondere sotto il tappeto e non sarà certo il 2018 a risolvere il tutto.

Ci sarebbe anche un altro tema interessante: è che in troppi “non tecnici”, soggetti in totale assenza di “visione di un insieme d’azienda”, pensano di essere esperti, interpretare la norma (a pro o a favore), dare indicazioni su come costruire una rete, ecc.

Ho recentemente fatto un arbitrato (io ero arbitro del franchisee) e il franchisor (che oggi ha una istanza di fallimento proprio dal franchisee che ha vinto l’arbitrato) ha serenamente dichiarato “io mi sono affidato a delle professionalità, come il mio commercialista, come uno dei più bravi avvocati, cosa avrei dovuto fare se nessuno mi ha detto niente?”. Stessa cosa vale per sviluppatore, responsabili di marketing, editori, franchisor mancati che, siccome sono stati molto “bravi”, allora pensano di dare consigli ad altri e fare i consulenti al franchising