– § – AGENZIE PER IL LAVORO, AUTORIZZAZIONI E RAPPORTI DI FRANCHISING: C’E’ IL DIVIETO, MA ANCHE IL MANCATO RISPETTO – § –

E’ facile individuare in rete annunci, pubblicità o articoli esplicativi nei quali si espone e si propone la possibilità di aprire un franchising di agenzie per il lavoro, ma la circostanza che ciò sia vietato risulta essere alquanto sconosciuta e, da aggiungere, non opportunamente perseguita dagli organi competenti

Con questo articolo, lo dico chiaramente, mi auspicherei di fare una pubblica denuncia sperando che dalla parte seria del settore si procedesse a richiedere un intervento da parte del Ministero del Lavoro, organo competente in materia, vista la presenza di situazioni che (ad un primo approccio) risulterebbero irregolari e che avrebbero la necessità di essere dettagliatamente approfondite e verificate.
Il riferimento, come ben si comprende dal titolo, è al settore “agenzie per il lavoro”, già note con la denominazione “agenzie interinali” o “agenzie di somministrazione del lavoro”.
Come detto, non è difficile rintracciare forme pubblicitarie dal titolo “Aprire un’agenzia per il lavoro è conveniente in franchising” (o annunci simili). Vediamo i dettagli.

Sintesi dell’attuale contesto
I requisiti giuridici e finanziari delle “vecchie” agenzie di lavoro temporaneo erano riportati nella Legge 196/97, art.2, commi 2, 3 e 4, e quelli delle “vecchie” agenzie di mediazione nel D.Lgs.n.469/97, art.10.
Risulta ininfluente rispetto alla trattazione del tema di questo intervento, il fatto che, all’epoca, tali requisiti avessero suscitato dubbi di compatibilità con il generale principio di iniziativa economica privata di stampo costituzionale, ma, in ogni caso, da tali norme è successivamente derivata la disposizione attualmente vigente e che costituisce riferimento per l’ottenimento delle autorizzazioni in questione: il D.Lgs.n.276 del 10 settembre 2003 e successivi aggiornamenti resisi necessari anche a seguito di interventi della Corte Costituzionale (sentenza n.50/2005).
La norma in questione, all’art.4, oltre a suddividere in cinque sezioni l’Albo delle Agenzie per il Lavoro (agenzie di somministrazione di lavoro abilitate allo svolgimento di tutte le attività di cui all’art.20 della norma, agenzie di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato abilitate a svolgere esclusivamente una delle attività specifiche di cui all’art.20, c.3, lett.da a) a h) della norma, agenzie di intermediazione, agenzie di ricerca e selezione del personale e agenzie di supporto alla ricollocazione professionale), specifica, al c.7, che “L’autorizzazione di cui al presente articolo non può essere oggetto di transazione commerciale”, definisce i requisiti per l’ottenimento della stessa autorizzazione all’art.5 e all’art. 6 individua una serie di soggetti che possono ottenere delle autorizzazioni speciali.  

Le origini del divieto di utilizzo di contratti di cooperazione tra imprese
Occorre tornare indietro nel tempo per individuare il primo chiarimento in merito al tema in trattazione che fu riportato nella Circolare n.83 del 24.12.1999 a firma del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Nel documento si specificava:
non si ritiene neppure possibile l’attività di fornitura di lavoro temporaneo mediante la conclusione di contratti di cooperazione tra imprese quali il contratto di franchising e di agenzia (o comunque altro accordo negoziale di natura commerciale che instauri forme di collaborazione), fra una agenzia autorizzata ex art.2 della legge n.196/97 e soggetti terzi in qualità di operatori locali. Infatti, alla stregua delle norme di diritto comune in tali ipotesi si costituirebbero distinti soggetti giuridici, ovvero distinti centri di imputazione di responsabilità, pregiudicando la funzione di vigilanza dell’Autorità autorizzante, in violazione della normativa di riferimento”.
Alquanto chiaro, anzi, alquanto preciso.

L’aggiornamento normativo
Il successivo aggiornamento normativo, non ha modificato tale divieto.
Infatti, all’art.10 (Divieto di transazione commerciale) del DM 23.12.2003 (Modalità di presentazione delle richieste di autorizzazione per l’iscrizione all’Albo delle agenzie per il lavoro) è riportato:
1. L’autorizzazione, sia essa a tempo indeterminato o provvisoria, non può essere oggetto di transazione commerciale.
2. È vietato il ricorso a figure contrattuali, tipiche o atipiche, attraverso cui realizzare, anche a titolo non oneroso, qualsivoglia forma di trasferimento o concessione della autorizzazione ottenuta a favore di soggetti terzi, siano essi persone fisiche o giuridiche. È altresì vietato il ricorso a contratti di natura commerciale con cui viene ceduta a terzi parte della attività oggetto di autorizzazione compresa l’attività di commercializzazione.
3. Il trasferimento d’azienda o la fusione comportano, in caso di conferimento in nuova o diversa società non autorizzata a tempo indeterminato, il venir meno della autorizzazione e la necessità, per la costituenda agenzia, di ottenere una autorizzazione provvisoria”.

Come commenta la Dott.ssa Anna Alaimo in “Le agenzie per il lavoro: nuove regole e valutazioni di legittimità costituzionale” (Università degli Studi di Catania Facoltà di Giurisprudenza – I working papers – Centro Studi di Diritto del Lavoro Europeo “Massimo D’Antona”, 2005):
Se indubitabile è (ed era, nel precedente regime) il divieto di cedere, infatti, l’autorizzazione ottenuta attraverso il procedimento amministrativo descritto, dubbi si erano posti, nel vigore della vecchia disciplina, circa la possibilità di cedere, e cioè di esternalizzare, a favore di altri soggetti, singole fasi delle attività autorizzate, tramite contratti, di natura commerciale, quali il franchising di servizi, l’appalto di servizi, il contratto di agenzia.
Rispetto a queste ultime ipotesi – le uniche in relazione alle quali il divieto dell’ultimo comma dell’art. 4 sia in grado di rivestire un qualche significato – il D.M. 23.12.2003 ha stabilito che è “vietato il ricorso a contratti di natura commerciale con cui viene ceduta a terzi parte della attività oggetto di autorizzazione” (art. 10, comma 2). In linea con un parere espresso dal Consiglio di Stato, nel vigore della precedente disciplina sulle agenzie di lavoro interinale, il decreto ministeriale ha specificato, sostanzialmente, che è vietata l’esternalizzazione (cioè l’attribuzione a terzi) dello svolgimento di qualsiasi parte dell’attività autorizzata, e quindi, per esempio, delle attività di ricerca e selezione dei candidati, della gestione di banche dati, della stipulazione e del procacciamento di contratti. Tutte le attività oggetto di autorizzazione devono essere, insomma, svolte direttamente dai soggetti autorizzati, attraverso le loro strutture e il loro personale dipendente. E’ ovvio, poi, che, ai sensi dell’articolo 7 del D.M. 23.12.2003, la violazione del divieto è sanzionabile, dalla Direzione generale per l’impiego, con la sospensione o la revoca della autorizzazione.
Va, infine, ricordato che lo stesso art. 10 del D.M. 23.12.2003 chiarisce che il trasferimento d’azienda o la fusione di cui sia parte un’agenzia autorizzata comportano il venir meno dell’autorizzazione e la necessità, per la nuova società, di ottenere una nuova autorizzazione”.

La cultura e la conoscenza (non solo del franchising)
Ecco che, ancora una volta, si ripropone un vecchissimo tema (al quale tengo molto) riguardante la assolutamente necessaria conoscenza di un ampio ventaglio di norme quando si ha intenzione di svolgere l’attività professionale di consulenza al franchising ormai spazio non vigilato di figure professionali di varia natura e origine e ritenuta “agevolmente fattibile ed esercitabile” spesso anche da chi ha titoli formalmente idonei (esempio, iscrizione in Albi Professionali), ma sostanzialmente inconsistenti sullo specifico e specialistico argomento.
Certo, possiamo sostenere che trattasi di una casistica particolare e specifica (sicuramente anche rara nel panorama imprenditoriale), di un settore praticamente unico e questo è vero.
Ma con questo intervento vorrei far comprendere ai lettori (e ai tanti operatori del settore) di come possa essere veramente difficile trattare il tema franchising, fare consulenza, fornire pareri, assistere clienti con intenzioni di mettersi in proprio, ecc. in una realtà di mercato (tutto italiano) che si permette di non tener neanche conto (addirittura) di norme e disposizioni vigenti e stringenti, figuriamoci se tiene conto della giurisprudenza, delle sentenze, dei vari provvedimenti, ma anche della prassi e delle semplici regole puramente aziendalistiche nel costruire ed offrire sul mercato, nonché, gestire una struttura di franchising o altra forma di rete commerciale.
In tali casi, sentirsi dire “ma lo fanno tutti” o sentirsi dire “ma c’è la pubblicità” o “l’ho letto su internet” o “c’è un articolo sul portale X, loro sono specializzati per il franchising”, così come sentirsi anche messi in dubbio, in discussione, non creduti nel far presente un divieto, una non corretta prassi, una o più carenze (sempre più presenti) dei vari sistemi di franchising, ecc., non sarebbe (e non è) poi così difficile in questa anarchia galoppante.

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