– § – FRANCHISING & MICROCREDITO: DA OPPORTUNITA’ A PERICOLO? – § –

Come qualsiasi altra forma di finanziamento, anche con il microcredito i rischi di erogare flussi finanziari in favore di sistemi di franchising inaffidabili è molto elevato

Da tempo microcredito e franchising camminano fianco a fianco.
Posso citare, ad esempio, il periodo 2015-2017 nel corso del quale fui io stesso, quale Presidente (oggi ex) dell’associazione IREF Italia, a organizzare presso la Fiera del Franchising di Piacenza il primo work shop sul tema svoltosi nel settore, a predisporre check list di valutazione di sistemi di franchising e a formalizzare modalità di coordinamento e collegamento anche tra la Certificazione delle Reti e la selezione per l’ottenimento del finanziamento con microcredito.
Recentemente, dal 2022, il sottoscritto opera in collaborazione con Microcredito d’Impresa Spa proprio per analizzare ed accreditare sistemi di franchising (e altre reti commerciali) al fine di valutarne una (almeno) minima affidabilità a vantaggio dell’adesione da parte di potenziali affiliati da finanziare, ma anche della capacità di restituzione del finanziamento stesso, ecc..
Oggi anche alcune Regioni (esempio, Lombardia) hanno predisposto forme di intervento per sostenere le imprese e che si basano sul microcredito con supporto delle operazioni fino ad arrivare a coprire il 100% degli investimenti e tutto ciò rende sempre più attuale il tema “opportunità/pericolo”.

Sono state proprio le variazioni normative intervenute nel tempo e fino ad oggi ad aver ampliato il raggio di azione del microcredito, sia in termini temporali, sia in quelli oggettivi, nonché in quelli soggettivi, e a rendere sempre più appetibile l’accesso a tale forma di finanziamento anche nel settore franchising, soprattutto considerando il notevole vantaggio della garanzia dell’80% sull’importo finanziato da parte del Fondo di Garanzia del Mediocredito Centrale della Cassa Depositi e Prestiti.

Come riportato in apertura, l’iniziativa della Regione Lombardia ha ulteriormente rafforzato l’agevolazione considerato che “l’agevolazione si configura come un finanziamento regionale con tasso nominale pari a zero abbinato ad un finanziamento concesso a condizione di mercato da un Operatore di microcredito, finalizzati complessivamente a sostenere il 100% delle spese ammissibili dell’investimento presentato” (testo da documenti della Regione Lombardia).

Ma perché richiamo “pericoli” in uno strumento che, di fatto, è inteso, studiato e predisposto per offrire opportunità?

Preliminarmente devo evidenziare che, purtroppo, non c’è spazio per illustrare integralmente l’importanza e le caratteristiche della necessaria consulenza al franchising in termini generali e, in questo caso, per una adesione (da finanziare). Il tema è stato trattato sotto molte sfaccettature nel blog e con dovizia di dettagli nel libro “Franchising – Quello che professionisti e imprese devono veramente sapere”.

Sinteticamente potrei richiamare l’alta specializzazione professionale che la materia richiede, sia dal punto di vista della consulenza contrattuale, sia da quella tipicamente aziendale, ma rimarrei sempre in termini generici e ridotti.
Il franchising ha caratteristiche peculiari, specifiche, non rintracciabili in altre forme contrattuali o di collaborazione tra imprese. Necessita di un’analisi molto approfondita su tantissimi aspetti tra loro collegati e collegabili, coordinati e coordinabili, che innalzano il livello di specializzazione professionale ordinariamente individuabile nei settori contrattuali/aziendali.

Trattasi di una specializzazione professionale che, per valutare un sistema di franchising, dovrebbe essere in dote a soggetti dediti alla valutazione dell’operazione da finanziare e ciò sia nella fase di richiesta di finanziamento, sia nella fase di tutoraggio: una specializzazione professionale che non si acquisisce in pochi mesi o in pochi anni.
Quindi, un primo rischio è proprio quello che può giungere dal non ritenere necessaria e/o opportuna (non per volontà, ma per assenza di consapevolezza) più consulenze specialistiche.

Riterrei alquanto ovvio che il soggetto finanziatore operatore di microcredito, ma anche il garante delle varie percentuali di finanziamento, dovessero comprendere bene verso chi, il potenziale franchisee, sta nutrendo interesse e affidamento, ma questo sembra non essere così “sentito” e preso in dovuta considerazione, dato che le procedure per le domande di finanziamento non prevedono tale analisi.

Questo avvantaggerà (come ha sempre avvantaggiato) sistemi di franchising poco seri, cioè, non “seriamente impostati”.

Il presupposto è che il progetto di impresa che l’ente erogatore si accinge a finanziare non è quello scelto dal soggetto richiedente, ma trattasi di una idea di impresa, non solo “ideata” da terzi, ma anche soggiacente da obblighi gestionali, decisionali e operativi studiati, elaborati e impartiti a tutta la rete da terzi.

In pratica, non siamo in presenza di una totale autonomia gestionale, non siamo in presenza di una autonoma analisi di mercato per la scelta del prodotto, dell’offerta, delle scelte gestionali, delle campagne marketing, ecc.. Certo, ciò può costituire un vantaggio in presenza di reti serie dove il termine “serie” non coincide per niente con il termine “conosciute”, data la folta produzione di cronache giudiziarie, ma è proprio questo che necessita di essere appurato: non può essere dato per scontato che i vantaggi del franchising siano effettivamente presenti in tutti i franchisor che si autoincoronano “affilianti del secolo”.

Ecco quindi che, ad esempio, dovrebbe essere chiaro e ovvio come, al fine di determinare il tasso di rischio dell’operazione (capacità di restituzione del debito), ricada proprio sui soggetti (assuntori di rischio) coinvolti direttamente nella stessa operazione (erogazione e garanzia), l’obbligo di analizzare, accertare e valutare se il franchisor al quale aderisce il franchisee richiedente il finanziamento:

  • soddisfi i requisiti normativi e quelli che giungono dalla copiosa giurisprudenza ordinaria e amministrativa che integrano quelli previsti dalla norma di riferimento;
  • trasferisca idoneamente agli affiliati il necessario know how (valutatane preventivamente anche la presenza);
  • abbia idoneamente sperimentato la sua formula commerciale (obbligo di legge e necessità imprenditoriale) che intende (onerosamente) trasferire;
  • fornisca effettivamente idonei sistemi di assistenza tecnica e commerciale obbligatoria per legge;
  • sia stato trasparente nella fase precontrattuale fornendo le informazioni obbligatorie, ma anche quelle utili alla valutazione dell’investimento;
  • regolamenti il rapporto con un contratto ben fatto e ben dettagliato;
  • abbia predisposto idonea documentazione operativa e procedurale per la gestione dell’attività;
  • supporti l’aderente alla rete sin dalla fase di pre-apertura con attività ben codificate e chiare;
  • fornisca una idonea formazione congrua nei tempi necessari a trasferire il know how necessario per replicare efficacemente l’attività;
  • ecc-, ecc., ecc..

A quanto sopra aggiungerei anche tutte quelle necessarie attività di valutazione per comprendere e valutare di essere in effettiva presenza di un rapporto contrattuale di franchising o, invece, di altra natura, pur rientrante in quelli utilizzabili per la costituzione di una rete commerciale così da adattare la necessaria valutazione alla tipologia di adesione.

E’ indubbio che chi si sottopone ad una preliminare due diligence di tale natura con trasparenza, apertura, grande collaborazione e anche con la disponibilità di ottenere informazioni “di ritorno” tali da poter richiedere interventi strutturali ai loro sistemi già impostati al fine di migliorarli e renderli più solidi, non può che trarne vantaggio…ma, forse, qualche franchisor predatore “raccatta contratti” (i “Velocicontraptor”) non può che preferire qualsiasi strumento di sviluppo e crescita (per il tramite di adesione di affiliati “finanziati” è anche meglio) nell’assoluto silenzio circa la sua reale consistenza.

Così sarà alto il rischio di rivivere nuovamente quanto già accaduto nella storia del franchising e dalla quale, a quanto pare, nessuno ha imparato qualcosa.

Infatti, chi come me opera nel franchising da decine di anni, conosce bene cosa è accaduto negli anni nel corso dei quali erano ben presenti forme di finanziamento per autoimpiego o autoimprenditorialità che nel tempo hanno portato solo preziosi flussi finanziari in reti attraverso l’arrivo di diritti di entrata, rivendita di beni strumentali, ecc. senza alcuna selezione preliminare sulla consistenza della rete stessa.
Non solo, ma sono stati clamorosi anche i casi di reti ben note e conosciute (ecco perché “serie” non corrisponde a “note”) protagoniste (sul tema) di alcuni “scandali” giudiziari che, in ogni caso, non hanno scalfito tali reti perché le stesse sono riuscite (nel tempo e con molti affiliati “rovinati”) a incamerare molti più introiti di quanto oggetto di sanzioni o di annullamenti di contratti e relativi risarcimenti.

In conclusione, suggerisco la lettura di questo articolo molto interessante dal titolo “Contrordine: il microcredito non salva il mondo” nel quale si illustra come Jason Hickel, docente di Antropologia della London School of Economics, sostenga che, nonostante la fama di strumento miracoloso (e il Nobel al suo inventore Yunus), la microfinanza non serva a far uscire le persone dalla povertà, semmai le aggravi, perpetuando la spirale del debito e facendo guadagnare solo le banche.
Ovviamente tale pensiero accademico sul microcredito c.d. “sociale”, necessita di essere rapportato e riproporzionato rispetto a quanto oggetto di questo intervento.
Ciò che, a mio parere, risulta importante è avere sempre ulteriori e maggiori informazioni per una analisi il più possibile dettagliata e, in questo caso, riflettere attentamente in merito alle effettive ed utili due diligence preliminari rispetto a qualsiasi azione da intraprendere, che sia una adesione ad una rete di franchising, che sia l’erogazione di un finanziamento a soggetti che erogheranno i soldi ricevuti a terzi e in attività sotto il controllo di terzi.

Ai lettori (e agli erogatori) le dovute conclusioni.

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