Il tema “coinvolgimento e partecipazione del franchisee” nei sistemi di franchising è alquanto dibattuto, anche se risulta essere molto più maturo in “terre straniere” rispetto all’Italia.
Nel blog ho avuto modo di trattare anche il “partenariato commerciale” che del coinvolgimento diretto ed effettivo ne fa una delle caratteristiche principali, se non addirittura essenziali.
Mi riferisco agli interventi dal titolo “Il partenariato: un “leale sfidante” per il franchising o uno stimolo per migliorarlo ?”, “Partenariato e franchising: oltre la rete cosa c’è ?” e “Il requisito essenziale per la sussistenza del #franchising può costituire un pericolo per le #reti? Il #partenariato può essere l’alternativa?”, ma anche, “Se il franchisee ha successo: non abbassare la guardia !!!”.

Gli strumenti “tecnici” di coinvolgimento, sostanziale e formale, degli affiliati in una delle qualsiasi forme di rete commerciale adottate dall’affiliante possono essere diversi e di diversa natura.
Tra questi, c’è anche quella della mirata costituzione di consorzi tra affiliante e affiliati ai quali questi ultimi sono contrattualmente obbligati alla partecipazione con specifica previsione nel contratto di franchising.
Ovvio, quindi, che con tale “forma formale” si instaurano ulteriori rapporti tra le parti che vanno oltre ed ad aggiungersi a quelli derivanti dal contratto di franchising, fino ad arrivare ad essere soci.
Ovvio anche che la “convivenza” delle parti può risultare difficile ed i motivi possono essere di varia natura, inclusi quelli economico-finanziari.
Sul tema è anche intervenuta la Corte di Cassazione, sezione III, con Sentenza 10 ottobre 2014, n.21420 e l’importanza di tale intervento è alquanto evidente, come riporto dalla seguente massima.
Infatti, la Corte ha specificato che:

in tema di contratto di “franchising”, allorché sia prevista la necessaria partecipazione del “franchisee” ad una società consortile controllata dall’affiliante, l’inadempimento del primo agli obblighi derivanti dal contratto, laddove apprezzato non isolatamente ma unitamente ad ulteriori suoi comportamenti (quali, nella specie, l’assunzione di debiti con emissione di assegni postdatati per il pagamento, l’espresso riconoscimento di non potervi far fronte e la mancata indicazione di una possibile data di pagamento), giustifica l’adozione del provvedimento di sospensione dalla qualità di socio, giacché la valutazione relativa alla gravità dell’inadempimento, ai sensi dell’articolo 1455 cod. civ., deve tener conto del complessivo comportamento del debitore, desumibile dalla gravità della mora, dall’eventuale suo protrarsi e dalla mancata indicazione, di specifiche e concrete modalità di estinzione del debito.

Coinvolgere si, ma non adempiere agli obblighi contrattuali…beh, si chiama “franchising”, non “zona franca” !

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